Job Sharing: definizione e caratteristiche
Con il termine job sharing si intende un particolare contratto di lavoro subordinato inizialmente nato e diffuso negli Stati Uniti sul finire degli anni Sessanta e giunto in Europa successivamente. Questo contratto viene stipulato tra un datore di lavoro due lavoratori. Questi ultimi hanno l’obbligo di eseguire un’unica prestazione lavorativa, potendo scegliere di dividersi l’orario di lavoro secondo le proprie preferenze, con l’unico obbligo di sostituirsi a vicenda qualora uno dei due fosse impossibilitato di presentarsi a lavoro.
Job sharing e part time
Il job sharing nasce, dunque, come risposta a uno stile di vita sempre più pressato tra le esigenze del mercato del lavoro e quelle dei lavoratori, che ogni giorno si trovano a dover conciliare i tempi della professione con le incombenze quotidiane della vita privata. Negli ultimi decenni la parola flessibilità l’ha fatta da padrone, con i suoi positivi e negativi corollari. E il job sharing si situa in questo tentativo di offrire maggiore flessibilità tramite nuovi contratti di lavoro.
Il job sharing ricorda vagamente il part time, ma presenta molte e sostanziose differenze. Non si tratta di due contratti di lavoro part time, ma bensì di un solo contratto di lavoro all’interno del quale i due lavoratori co-obbligati possono scegliere autonomamente l’orario di lavoro. Nel part time gli orari sono stabiliti in modo fisso per contratto, segnando un’altra differenza rispetto al job sharing.
È abbastanza scontato asserire che tra i due lavoratori deve vigere un vincolo di solidarietà ed elasticità che consenta ad entrambi di fidarsi e di lavorare in modo adattabile alle personali esigenze. Entrambi:
- Determinano discrezionalmente le sostituzioni tra di loro, e se previsto dal contratto possono modificare la collocazione temporale dell’orario di lavoro
- Sono responsabili dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa
I lavoratori sono tenuti ad informare il datore di lavoro, regolarmente e di solito settimanalmente, per aggiornarlo sulla distribuzione dell’orario di lavoro. Se uno dei lavoratori risulta assente il datore può pretendere la presenza dell’altro lavoratore per adempiere alla prestazione dovuta dal primo. La retribuzione mensile, argomento molto importante e delicato, è identica a quella ricevuta dagli altri professionisti occupati nella stessa posizione, ma è suddivida equamente tra le due figure professionali che firmano il contratto di job sharing.
Le regole dei lavoratori in job sharing
Dopo aver spiegato cos’è il job sharing ci teniamo a indicare alcuni aspetti molto importanti che hanno caratterizzato questa tipologia di contratto, soprattutto per coloro che lo hanno stipulato.
- La distribuzione dell’orario di lavoro può essere sia verticale che orizzontale
- I turni di lavoro sono interscambiabili sulla base delle necessità personali
- Le sostituzioni da parte di terzi non sono ammesse
- I due lavoratori risultano un’unica entità lavorativa
In caso di dimissioni o licenziamento che riguardano uno dei lavoratori coobligati si prefigurano diversi scenari per l’altro lavoratore. Il datore di lavoro può sciogliere ed estinguere totalmente il vincolo contrattuale, a meno che l’altro prestatore di lavoro sia disponibile ad assumersi per intero e parzialmente l’obbligazione lavorativa. Il contratto di lavoro nel primo caso diventa un normale contratto di lavoro subordinato e smette di essere job sharing.
Pro e contro del job sharing
Questa particolare tipologia di contratto non è adatta a qualsiasi tipo di esigenza, ma come abbiamo detto prima, è particolarmente indicata per quella fascia di persone che hanno bisogno di gestire al meglio diversi aspetti della vita. Facciamo qualche esempio dei vantaggi a cui va incontro un lavoratore che si trova a lavorare in job sharing.
- Migliore gestione del tempo libero e più tempo per famiglia e figli
- Maggiore produttività sul lavoro
Quest’ultimo rappresenta un duplice vantaggio che lega a doppio filo sia lavoratori che aziende. Difatti, un ridotto orario lavorativo e maggiori margini di autogestione permettono al lavoratore di sperimentare condizioni più malleabili e accoglienti e di conseguenza di lavorare meglio, a beneficio di tutti.
Ma quali sono gli svantaggi? Lo sharing del lavoro avrà anche qualche svantaggio. Ed effettivamente è proprio così. Il legame che intercorre tra i due coobbligati è molto vincolante, e nei casi di assenza di uno dei due il datore può pretendere che sia l’altro lavoratore a svolgere la prestazione lavorativa. I due contraenti sono responsabili dello stesso lavoro e per questo sono costretti a lavorare in modo quasi simbiotico. Da uno dipende l’altro. Dovranno stabilire unitamente tutto, dalla pianificazione degli obiettivi di lavoro passando per i turni da effettuare.
Quindi, da una parte flessibilità e dall’altra vincolo, tra questi due estremi ci sono ovviamente molteplici sfumature.
Retribuzioni e contributi previdenziali
La retribuzione economica prevista dai contratti di job sharing viene ripartita tra i lavoratori che condividono lo stesso posto di lavoro, come abbiamo ampiamente spiegato, che godono pertanto dello stesso identico trattamento economico per la stessa attività svolta per lo stesso periodo lavorativo.
È ovvio che se uno dei due ha lavorato più tempo verrà retribuito in proporzione maggiore, anche in termini di ferie e permessi maturati. Ciascun lavoratore può partecipare a riunioni e assemblee sindacali entro un limite di dieci ore annuali. Queste perlomeno erano le norme previste dalla legge che aveva introdotto il job sharing in Italia, ma attualmente non è più diffusa questa tipologia contrattuale, in seguito ad abrogazione.
Contratto di lavoro ripartito Italia
Quello di cui abbiamo parlato fino ad ora, conosciuto in inglese come job sharing, in Italia è conosciuto come contratto di lavoro ripartito. Questa tipologia di contratto venne introdotto dalla legge Biagi e abrogato con il Jobs Act del 2015.
Come previsto dalle norme, la forma contrattuale era quella scritta ad probationem, mentre l’atto prevede la percentuale di tempo di lavoro che entrambi i lavoratori devono svolgere. Come abbiamo in parte già espresso, il datore di lavoro può far scattare delle penali qualora il servizio stabilito non venisse erogato. Nonostante fosse parte di un intervento legislativo importante, il Job Sharing ebbe una diffusione discreta. Fu lanciato come mezzo per superare una crisi dell’occupazione, facendo leva anche su aspetti valoriali dei professionisti, come solidarietà e professionalità.
Job sharing nel resto del mondo
Nel resto del mondo il job sharing ha attecchito con risultati più o meno soddisfacenti, a seconda dei contesti geografici. Austria, Germania e Regno Unito, insieme agli USA, sono i principali paesi in cui questa sperimentazione è stata avviata.
Le normative di Stati Uniti e Regno Unito differenziano i contratti di job sharing in due diverse tipologie: con responsabilità individuale e con responsabilità in solido. La legge italiana prevedeva soprattutto la seconda tipologia, con entrambe le parti coobligate a garantire la prestazione. La responsabilità individuale di un contratto ripartito lo renderebbe molto simile ad un contratto part time e per tale ragione sarebbero più indicati due contratti part time.
Nella maggior parte dei contratti di lavoro di questo tipo se uno dei due lavoratori non svolge regolarmente l’attività che gli viene richiesta, il contratto cessa di esistere e può essere cancellato anche a discapito dell’altro lavoratore, può farlo anche nel caso che uno dei due coobbligati debba assentarsi temporaneamente per malattia. Valuta se ha ancora interesse per quell’attività lavorativa e decide se sciogliere quanto stipulato. Dimissioni o licenziamento di uno dei due comportano dimissioni o licenziamento dell’altra parte.
Sembra sufficientemente chiaro quale sia stata la logica sottesa del job sharing. Una tipologia contrattuale ora inesistente, ma che fece molto parlare di sé. Speriamo di averti dato informazioni utili per comprenderla al meglio.